PICCOLA STORIA ELEMENTARE.
Una volta ci chiamavano le maestre della scuola elementare ora siamo gli insegnanti della scuola primaria.
Noi insegnanti della scuola primaria" viviamo" per quattro, sei o otto ore al giorno accanto ai nostri bambini, condividendone gioie, dolori, ansie e paure.
Ascoltiamo i loro pensieri e li sosteniamo quando perdono la speranza e la fiducia in se stessi.
Ridiamo e piangiamo insieme a loro.
Li amiamo, così come sono, anche quando non parlano la nostra lingua.
I nostri sguardi li rendono tutti uguali, ed i nostri sorrisi li sostengono.
Le nostre regole e i nostri “no” li aiutano a crescere.
Amiamo i nostri alunni anche quando hanno assorbito ogni nostra energia, insieme scopriamo il nostro territorio, insieme visitiamo castelli incantati ed incontriamo fate, folletti.
Ma fatichiamo anche in territori difficili che si chiamano grammatica, verbi, verifiche, numeri e frazioni.
Condividiamo tutto, insomma, anche la pasta al pomodoro nelle nostre mense!
E durante le gite o i soggiorni: dodici o ventiquattro ore o più, senza mamma e papà, tre giorni e due notti in montagna, per un'esperienza INDIMENTICABILE...
Non solo sui libri, andiamo a studiare geografia in giardino, in Villa Pisani, sul fiume Brenta o tra gli argini e i campi.
Le maestre affrontano ogni mattina un'altra bellissima giornata, basta un loro sorriso, per ricaricare le nostre pile.
Corriamo sempre con loro incontro alla cultura, alla voglia di imparare e di crescere, alla voglia di scoprire tutte quelle strane parole racchiuse in strani oggetti che si chiamano LIBRI, alla voglia di sapere un po’ di più ogni giorno.
Poi il tempo passa e i nostri bambini diventano grandi, vanno in altre scuole: scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di secondo grado, università. A noi insegnanti rimangono: le foto, gli elenchi, le lettere, i disegni, qualche quaderno, i vecchi libri.
Ed è così che è nata la mia piccola storia, una serata nostalgica davanti al computer, un collega pubblica una foto in Face Book (eh si…. perché le maestre elementari ora si trovano anche inFB) ed io inizio a scannerizzare vecchie foto dei miei ex alunni, e postarle sul mio profilo, e poi faccio il tag ai ragazzi nati nel 1992, oggi all’inizio della loro carriera universitaria, e da quel banale gesto nasce un tam-tam tra alunni, ex colleghi e ex dirigenti.
“Parlano “ con me attraverso le chat e parlano tra loro soprattutto, commentando con affettuoso ricordo le foto. La serata e i giorni successivi, leggendo i commenti, sono felice che vengano ricordati i compagni e le esperienze della loro scuola elementare.
Ma ciò che mi ha reso orgogliosa di essere stata la loro insegnante è stato un alunno che da Tirana( Albania) mi scrive, in perfetto italiano: “Vediamoci maestra, quando vengo in Italia penso sempre a voi … mi farebbe piacere rivedervi, lei e i miei compagni, e poi io a lei devo restituire una cosa, un libro che lei mi ha prestato tanti anni fa, quando sono andato via della vostra scuola per tornare in Albania!”. Sento con piacere tutto l’affetto di questo ex alunno anche attraverso quell’educatissimo”LEI” Rispondo al ragazzo che non ricordo di avergli prestato un libro, e sicuramente non lo rivoglio indietro ma sono curiosa …
Allora lui chiarisce, “ Quando sono partito, lei mi ha dato un vocabolario della lingua italiana, e devo restituirlo …..!” Gli rispondo commossa “ Era un regalo!”
Io penso che ci vogliono anche queste piccole storie per ricordare alla gente che il nostro lavoro non potrà mai essere “svalutato” né “svilito” da nessun politico né da nessuna moda anti-cultura.
Ci sarà sempre qualche ragazzo o qualche ragazza nel mondo che si ricorderà con affetto dei suoi insegnanti.
Artusi Michela insegnante elementare dal 1977.
Una volta ci chiamavano le maestre della scuola elementare ora siamo gli insegnanti della scuola primaria.
Noi insegnanti della scuola primaria" viviamo" per quattro, sei o otto ore al giorno accanto ai nostri bambini, condividendone gioie, dolori, ansie e paure.
Ascoltiamo i loro pensieri e li sosteniamo quando perdono la speranza e la fiducia in se stessi.
Ridiamo e piangiamo insieme a loro.
Li amiamo, così come sono, anche quando non parlano la nostra lingua.
I nostri sguardi li rendono tutti uguali, ed i nostri sorrisi li sostengono.
Le nostre regole e i nostri “no” li aiutano a crescere.
Amiamo i nostri alunni anche quando hanno assorbito ogni nostra energia, insieme scopriamo il nostro territorio, insieme visitiamo castelli incantati ed incontriamo fate, folletti.
Ma fatichiamo anche in territori difficili che si chiamano grammatica, verbi, verifiche, numeri e frazioni.
Condividiamo tutto, insomma, anche la pasta al pomodoro nelle nostre mense!
E durante le gite o i soggiorni: dodici o ventiquattro ore o più, senza mamma e papà, tre giorni e due notti in montagna, per un'esperienza INDIMENTICABILE...
Non solo sui libri, andiamo a studiare geografia in giardino, in Villa Pisani, sul fiume Brenta o tra gli argini e i campi.
Le maestre affrontano ogni mattina un'altra bellissima giornata, basta un loro sorriso, per ricaricare le nostre pile.
Corriamo sempre con loro incontro alla cultura, alla voglia di imparare e di crescere, alla voglia di scoprire tutte quelle strane parole racchiuse in strani oggetti che si chiamano LIBRI, alla voglia di sapere un po’ di più ogni giorno.
Poi il tempo passa e i nostri bambini diventano grandi, vanno in altre scuole: scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di secondo grado, università. A noi insegnanti rimangono: le foto, gli elenchi, le lettere, i disegni, qualche quaderno, i vecchi libri.
Ed è così che è nata la mia piccola storia, una serata nostalgica davanti al computer, un collega pubblica una foto in Face Book (eh si…. perché le maestre elementari ora si trovano anche inFB) ed io inizio a scannerizzare vecchie foto dei miei ex alunni, e postarle sul mio profilo, e poi faccio il tag ai ragazzi nati nel 1992, oggi all’inizio della loro carriera universitaria, e da quel banale gesto nasce un tam-tam tra alunni, ex colleghi e ex dirigenti.
“Parlano “ con me attraverso le chat e parlano tra loro soprattutto, commentando con affettuoso ricordo le foto. La serata e i giorni successivi, leggendo i commenti, sono felice che vengano ricordati i compagni e le esperienze della loro scuola elementare.
Ma ciò che mi ha reso orgogliosa di essere stata la loro insegnante è stato un alunno che da Tirana( Albania) mi scrive, in perfetto italiano: “Vediamoci maestra, quando vengo in Italia penso sempre a voi … mi farebbe piacere rivedervi, lei e i miei compagni, e poi io a lei devo restituire una cosa, un libro che lei mi ha prestato tanti anni fa, quando sono andato via della vostra scuola per tornare in Albania!”. Sento con piacere tutto l’affetto di questo ex alunno anche attraverso quell’educatissimo”LEI” Rispondo al ragazzo che non ricordo di avergli prestato un libro, e sicuramente non lo rivoglio indietro ma sono curiosa …
Allora lui chiarisce, “ Quando sono partito, lei mi ha dato un vocabolario della lingua italiana, e devo restituirlo …..!” Gli rispondo commossa “ Era un regalo!”
Io penso che ci vogliono anche queste piccole storie per ricordare alla gente che il nostro lavoro non potrà mai essere “svalutato” né “svilito” da nessun politico né da nessuna moda anti-cultura.
Ci sarà sempre qualche ragazzo o qualche ragazza nel mondo che si ricorderà con affetto dei suoi insegnanti.
Artusi Michela insegnante elementare dal 1977.
Nel 1963 Mario Lodi scriveva "C'è speranza se questo accade a Vho". Ebbene la testimonianza di Michela Artusi, insegnante elementare dal 1977, continua a farci sperare ancora in una Scuola del dialogo, del rispetto, della scoperta, del gioco, della creatività. Ecco: testimonianze come questa ci dimostrano che possiamo guardare ancora con fiducia al futuro. Nostro e dei nostri figli.
RispondiEliminaLa ringrazio prof. Sossi lei ha colto in pieno lo spirito della mia narrazione; io ho un ricordo di Lei....ma mi dica se sbaglio, La ricordo in giuria al premio di Scarpetta d'oro a Stra, quando il presidente era Daniela Contin.
EliminaBuona Domenica....Michela
Sono arrivata qui per rileggere questa storia fresca, bella, piena di speranza. Sono d'accordo con Livio Sossi: Michela continua a farci sperare; una speranza che ho coltivato come insegnate e come mamma, adesso anche come nonna.
RispondiElimina:)