Era una notte buia e
quasi tempestosa, per rinfrescare l'aria Echino decise di aprire la finestra
della sua cameretta ma, non volendo far entrare falene e moschini, spense tutte
le luci. La notte entrò felice dentro la casa; con il freddo che fa sempre
in montagna, in genere, viene lasciata fuori e deve accontentarsi di
sbirciare attraverso il vetro in compagnia della sua amica luna.
Echino sedeva davanti
al suo computer, le mani correvano veloci sulla tastiera perché ormai le
lettere erano stampate sulla memoria dei suoi polpastrelli.
C'era anche un moschino
curioso che gironzolava tra i monti quella sera. Accortosi della finestra
aperta, attratto dalla luce fioca del monitor del pc, decise di volare
dentro la casa per vedere più da vicino quel piccolo bambino fatto di
cartoncino. Osservò il suo ciuffo ribelle, il suo vestito di giornale e il
suo sorriso allegro e poi, già che era lì, fece un giro di perlustrazione
intorno a quell'aggeggio strano e luminoso. Le letterine e i numeri lo
guardavano perplessi dalla tastiera e si domandavano se quell'essere
volante fosse un segno di punteggiatura o altro.
-
Secondo me è una virgola! – disse la lettera A
-
Ma no, non vedi che è un punto esclamativo? – rispose seria
la lettera Z prima di piombare in un sonno profondo… ZZZZZZZZZZZZZZZZZ!
D'un tratto il
moschino restò affascinato da qualcosa che gli sembrò di una bellezza strepitosa.
Il suo piccolo cuore cominciò a battere vertiginosamente per l'accento che
stava tranquillo sulla lettera E.
L'amore, si sa, è
cieco e anche quella volta lo fu!
Il giovane moschino
attese un attimo di distrazione del bambino giornale e, più veloce di una
saetta, scese in picchiata sulla tastiera e rapì quella che credeva
potesse diventare la sua dolce amata, la sua metà, l'altra faccia del suo
cielo.
Rubando l’accento
sulla lettera E sparirono automaticamente dalla tastiera anche tutti gli altri
accenti (non state a chiedervi il perché, serviva per la storia questo
particolare e comunque, nella vita, non è che si deve sempre sapere proprio
tutto!!).
Quel che accadde poi
fu un vero delirio! Le storie di Echino cominciavano con un senso e... finivano a
testa in giù.
Fu così che un comò si
trovò a girare per le strade di Como spaesato e impaurito.
E un uomo sicuro di sé
cominciò a mettersi in discussione da solo:
-
E se così non andassi bene? – si domandava. – Se non fossi
poi così speciale? –
Un parà si trovò nella
porta di una grande squadra di calcio con tutti gli spettatori sulle tribune
che gli gridavano :
-
Para! Para!! –
Ma lui, che non lo
aveva mai fatto in vita sua, non sapeva da che parte cominciare e fece perdere
la squadra, con grande disappunto dei tifosi infuriati.
Intanto il moschino
innamorato stava dichiarando il suo eterno amore all’accento, che lo guardava
perplesso e anche un po’ seccato.
-
Ma che ti è saltato in mente di rapirmi, stolto di un
moschino! Non lo vedi che sono un accento? Non posso stare qui con te a
guardare la luna. Io ho una carriera importante. Con me le parole acquistano un
certo tono, loro hanno bisogno di me. Non posso certo scappar via dalla
tastiera quando mi pare e piace. Altrimenti chi portò, diventa un porto e chi
saltò, si trasforma in un salto.
Il moschino ci restò
male, ma capì di aver preso un grosso abbaglio e riportò l’accento dentro la
casetta di montagna sulla tastiera del pc. Le letterine organizzarono una festa
danzante e Echino ricominciò a scrivere storie con la testa sulle spalle, anche
se, per la felicità si fece una serie infinita di caprioline.
P.S.: Voci certe raccontano che il giovane moschino innamorato dell'accento abbia poi incontrato una moschina carina e sia ora felicemente sposato.