domenica 14 agosto 2011

La storia di Wendy dispersa nel Parco.

Ciao ragazzi, mi chiamo Wendy e non sono l'amica di Peter Pan, ma una cagnolina molto gentile e educata. Qui mi vedete un po' pensierosa, mi trovo all'autogrill il giorno del mio rientro a casa, dopo aver trascorso quattro giorni indimenticabili e una grande avventura nel Parco Veglia Devero, ma sto correndo troppo... torniamo indietro e vi racconto tutto.
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Eccomi qua, davanti alla casina dove vivevo con i miei due amici umani, che di tanto in tanto porto in ferie con me. Quel giorno abbiamo deciso di fare una passeggiata tutti insieme, mi piace tanto camminare sui sentieri di montagna. 
Stefano, il proprietario del B&B dove alloggiamo, ci ha mostrato varie opzioni: giro breve, giro medio, giro lungo, ma un pochino più complesso. 
"Vi conviene lasciare quello complesso per domani!" dice lui. Ma per chi ci ha preso? Per delle mezze calzette? I miei amici umani hanno anche la cartina... Forza, pronti, partenza... VIA!!
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Alpe Valle, la Satta, laghetto di Poiala. Che bella camminata!!! E ora da che parte andiamo? C'è un gruppo di baite e ci sono tante mucche e un mulo che pare avercela con me, ma che gli avrò mai fatto? I miei amici umani vogliono proteggermi: "Non passiamo da lì, aggiriamo le baite!" 
No, no, passiamoci in mezzo, io non ho paura! In fondo almeno per metà sono un border collie e i miei avi hanno fatto i pastori per generazioni, che mi importa di un mulo ostile? Me ne faccio un baffo!!
Ecco, lo sapevo... decidono sempre tutto loro e così...
Non vediamo il cartello che indica la strada e cominciamo a scendere, scendere, scendere... e ci ritroviamo dopo mille milioni di passi davanti ad un nuovo segnale indicatore, Alpe Topera. 
Oh, cribbiolina, ma allora questo non è un laghetto del San Giatto, questo è il lago di Agaro... E quindi?
Sono ormai le sei di sera, comincia a fare freddo e noi dobbiamo risalire tutto il sentiero fino al punto in cui abbiamo incontrato il mulo antipatico e poi cercare la strada giusta. 
Lo sapevo che non dovevo fidarmi di questi due umani, sono tanto bravi, ma lei passa la vita tra tabelline e problemi, lui strimpella tutto il giorno, cosa vuoi che ne sappiano di cartine e percorsi in montagna. 
"Provate almeno a chiamare Stefano!" suggerisco. Ma niente da fare!! 
Per due ore anche il cellulare resta muto come una trota. Arrivati alla bocchetta di Scarpia, dopo due ore e mezza di salita e un vento gelido che taglia anche il fiato, finalmente scopriamo che Stefano si è preoccupato a non vederci rientrare e ha messo in moto la macchina del soccorso alpino. Anche il segnale del cellulare torna per brevi momenti e ora sappiamo che ci stavano cercando e ci stanno venendo incontro.
Il primo a trovarci è un ragazzotto che fa il casaro all'Alpe San Giatto, arriva di corsa come uno stambecco e senza pila, deve avere gli occhi come quelli dei gatti, abituati al buio. Ci porta nella casera, dove ci scaldiamo un pochetto e attendiamo i volontari del soccorso. Arrivano con un mezzo strano di locomozione, non è un trattore, non è una jeep e nemmeno una moto. Mah... a me non piace granché... potrei scendere a piedi per favore?
Nulla da fare! E' tardi e caricano anche me là sopra, come un sacco di patate. Sbrigatevi ad arrivare perché ve lo dico chiaro e tondo, tra un po' vomito su questo aggeggio strano e con tutti questi sobbalzi.
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Per fortuna tutto è bene quel che finisce bene e possiamo raccontare la nostra disavventura. Ho scoperto una cosa importante oggi: il soccorso alpino funziona benissimo, sono organizzati, veloci, bravissimi e li voglio ringraziare di cuore. E poi un'altra cosa: mai fidarsi degli umani... amici cani, quando siete in giro con loro, controllate sempre la direzione che prendono, non si sa mai!!
E l'ultimissima considerazione: le mie avventure con Peter e Capitan Uncino erano di gran lunga più tranquille di queste passeggiate, ma forse quello faceva parte del mio passato ed era tutta un'altra storia!!!

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